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Trento, 11 gennaio 2006
EMIGRATI E AIUTI ALL’ESTERO, DEMAGOGIA E... ATTACCHI S-LEALI
di Iva Berasi
da l’Adige di mercoledì 11 gennaio 2006

Leggo la signora Bort e faccio fatica a credere che il collega Benedetti o il consigliere Bassetti, (ma anche, per quanto io ricordi, il compianto consigliere Riccardo Dossi), possano identificarsi nelle opinioni espresse dalla signora Fabrizia Bort, segretaria dei Leali, forza politica di governo, a proposito degli aiuti che la Provincia autonoma di Trento eroga agli emigrati trentini ed alle oltre 170 associazioni di volontariato che operano nei paesi in via di sviluppo.

In ogni caso mi sembra doveroso fare qualche breve annotazione a quanto afferma la segretaria dei Leali su «l'Adige» del 9 gennaio.

"Basta con gli aiuti all'estero", questo il perentorio invito della signora Bort. "Usiamo quei soldi per i poveri trentini", conclude con altrettanta sicumera. Sublime demagogia, verrebbe da commentare, se un ossimoro fosse sufficiente a liquidare prese di posizione come questa.

Ma poiché la demagogia è frutto della malafede e si alimenta con l'ignoranza conviene sforzarsi di spiegare. Soprattutto per sfatare l'equivoco con cui la Bort tenta di giustificare la richiesta di ridurre gli aiuti ai paesi più poveri: "spendiamo troppo senza alcun ritorno".

In realtà è vero esattamente il contrario: pagando sempre meno, vogliamo da loro sempre di più e difendiamo coi denti e con le unghie il nostro benessere - spesso molto al di sopra del necessario - impedendo loro perfino di sopravvivere.

Quarant'anni fa, il rapporto fra il reddito del miliardo di persone più povere e quello del miliardo di persone più ricche era di 1 a 30; alla fine degli anni 90 era salito a 1 a 150. Anche tenendo conto del rallentato tasso di crescita dell' occidente (ove vive il miliardo più ricco) e dell' aumento della popolazione, è evidente che noi stiamo già riducendo fortemente gli aiuti rispetto a 40 anni fa, o meglio stiamo sottraendo ai paesi più poveri sempre più risorse che sarebbero loro indispensabili non dico per svilupparsi al nostro livello - sappiamo che questo comporterebbe il collasso del sistema ambientale - ma almeno per raggiungere livelli di vita dignitosi.

Se poi riflettiamo sul fatto che situazioni di miseria estrema - penso ad esempio alle condizioni di vita di milioni e milioni di contadini del sud-est asiatico, o al 30 per cento di africani della fascia sub-sahariana colpiti dall' AIDS - possono ripercuotersi inesorabilmente anche su di noi, provocando la diffusione di epidemie e mettendo così in pericolo la nostra stessa sicurezza, credo che non solo abbiamo un dovere morale di aiutare, per quanto possibile, queste popolazioni, ma anche un interesse diretto ed immediato. Fortunatamente la stragrande maggioranza dei cittadini, questo lo ha compreso da tempo.

Da ultimo, la questione "aiuti agli emigrati". Da poco meno di cinquant' anni, il Trentino, fortunatamente, non è più terra di emigrazione. Ma credo non ci sia famiglia che non abbia un emigrante fra i propri parenti più o meno prossimi, emigranti che hanno contribuito a costruire il Trentino di oggi. Parte di questi emigranti sono stati doppiamente sfortunati, lasciando il proprio paese natio ed andando incontro a delusioni cocenti, quanto alle aspettative di riscatto. Una miseria che è stata toccata per mano, anche recentissimamente dalla Commissione consiliare che ha visitato i luoghi in sud-America, ove la Provincia ha portato il proprio aiuto.

Ciò che è stato chiesto anche dal Consiglio provinciale è di fare di più: ed è quello che mi sforzerò di fare. Si tratta di una valutazione che proviene da esponenti politici sia di maggioranza che di opposizione e non è un caso se la legge provinciale sugli aiuti allo sviluppo e sulla solidarietà internazionali è stata approvata a larghissima maggioranza del Consiglio, al di là degli schieramenti politici.

Certo quando si interviene in luoghi martoriati da guerre, dissesti economici o disastri ambientali, non sempre gli interventi ottengono tutti i risultati sperati. Risultati che non vanno misurati con i parametri di successo che applichiamo qui. Ma non mi sembra né una buona ragione né un motivo sufficiente per gettare la spugna o ritirarsi del tutto.

 

 

  Iva Berasi

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